La
storia antica
Secondo la tradizione, il Buddhismo venne introdotto in Giappone nel
552 a.c. e per circa tre secoli fu praticato esclusivamente dalle
classi nobili e da sacerdoti appartenenti anch'essi al ceto aristocratico.
Per
migliaia di anni, alcune pratiche furono di uso esclusivo di alcune
caste e legate a dinamiche di potere, come, ad esempio, l'uso delle
energie a scopo terapeutico. Prima di arrivare in Giappone, il Buddhismo
ha compiuto un lungo tragitto, partendo dal suo luogo di origine,
l'India orientale, e diffondendosi in tutto il sud-est asiatico e
la Cina.
Questa antichissima pratica di guarigione, attraverso l'apertura dei
canali energetici e successivamente con l'imposizione delle mani,
si perde nella storia più remota dell'evoluzione dell'uomo su questo
pianeta e naturalmente si ritrova un po' dappertutto, anche con segni
abbastanza precisi, con simboli, leggende e moltissimo altro. Il Reiki-Do
è sicuramente stato assorbito, assieme a tante altre pratiche, nel
cammino che ha percorso il Buddhismo verso est.
La base del metodo si è mantenuta intatta nel corso dei secoli, perché,
per ottenere la vibrazione ricettiva del passaggio dell'energia, vi
è una tecnica precisa, con precisi connotati matematici; mentre la
metodologia di applicazione, i risvolti filosofici, l'apprendimento,
hanno sicuramente subito influenze e trasformazioni attraverso la
sperimentazione di migliaia di persone in 20 secoli.
Il contesto storico-culturale giapponese si è mantenuto pressoché
intatto fino al 1868, quando il sistema politico, detto "Bakufu" (Shogunato),
piuttosto simile al sistema feudale del Medio Evo europeo, ebbe termine.
Si ebbe , così, in Giappone la restaurazione del potere imperiale,
con l'ascesa al trono dell'imperatore Meiji (1868 - 1912). In questo
periodo il Giappone assistette alla nascita di un governo progressista
e giovane che creò un profondo cambiamento culturale nel paese.
La
riscoperta del metodo Reiki-Do è relativamente recente, si parla della
fine del XIX secolo ad opera di Mikao Usui
.
Mikao Usui secondo il
maestro Yakada Hizuguchi
La personalita' vivente piu' attendibile sulla tradizione del Reiki
e' Gyö Yakada Hizuguchi, monaco buddhista più che ottantenne di Takayama,
sulle Alpi Giapponesi, profondo conoscitore del metodo. Egli conobbe
di persona Chijiro Hayashi, ufficiale di marina e secondo maestro
in linea diretta dopo Mikao Usui.
Hizuguchi è un monaco che pratica meditazione Zen e continua ad usare
il metodo Reiki-Do collegandolo alle discipline del Buddhismo esoterico,
legate ai Buddha della guarigione. La visione di questo grande Maestro
è molto ampia e a volte comprendere è veramente difficile.
Il concetto principale della visione del Buddhismo Zen di questo Maestro
è che
l'uomo è sempre uno specchio su cui si riflette
una coscienza superiore, alla portata di tutti e che il passaggio
di questa comprensione/conoscenza dipende da noi, dalla nostra evoluzione.
E'importante
comprendere il significato della tradizione orale. Il Buddhismo Zen,
ad esempio, ha una bibliografia molto limitata, proprio perché è legato
all'esperienza diretta. Ed anche le discipline legate alla trasmissione
di energia ed al suo innalzamento sono tramandate solo oralmente,
da Maestro a discepolo, in maniera esperienziale. Il Reiki-Do, nella
sua forma originale, è una di queste. Non può essere appreso attraverso
la conoscenza, ma attraverso l'apertura esperienziale della coscienza.
L'esperienza, per essere tale, può essere solo diretta, non può essere
sostituita da nessun palliativo e tantomeno dai libri.
Secondo questo monaco, Mikao Usui (Usui in Giappone è un cognome molto
comune) non si è mai spostato dal Giappone, al massimo potrebbe essere
andato in India, ma il Maestro Hizuguchi ne dubita molto.
La storia di Usui tramandata qui in occidente e' invece la seguente:
Mikao Usui
era un insegnante in una scuola cri stiana di preti a Kioto e la sua
ricerca iniziale partì dal fatto che Gesù Cristo compiva le sue guarigioni
imponendo le mani e il dottor Usui iniziò a ricercare le tracce di
questo metodo, prima in America, a Chigago, poi in India cercando
in antichi testi sia cristiani che Indiani e cinesi. Poi tornato in
Giappone scoprì nelle Sutre Buddhi, scritte 2500 anni fa in sanscrito,
le risposte alle sue domande. Meditò e digiunò per ventuno giorni
sulla montagna sacra e tornò con la conoscenza del metodo Reiki.
Mikao Usui ebbe il grande merito e la possibilità di portare a livello
popolare questo metodo chiamandolo Reiki-Do. Usui ebbe diversi allievi,
uno di questi fu un ufficiale in pensione della marina. Egli aiutò
molto la diffusione del Reiki-Do aprendo una clinica e dando l'insegnamento
a diversi allievi in maniera completa. Una di queste allieve, la Signora
Hawajo Takata, una giapponese naturalizzata americana, lo esportò
alle Hawaii subito prima dello scoppio della seconda guerra mondiale.
La
storia di Usui secondo il
maestro Hawayo Takata
Un
altro maestro storico del REIKI che conobbe Mikao Usui fu Hawayo Takata.
E' interessante riptoporre la narrazione che Hawayo Takata faceva
ai suoi studenti
nelle prime lezioni di reiki:
"Mikao
Usui era un Monaco Cristiano e come ogni domenica, si apprestava a
officiare la regolare cerimonia nella cappella del collegio maschile
di cui era anche il rettore. Uno degli studenti si alzò in
piedi, chiese il permesso di parlare e quando gli fu accordato disse:
"Parlo a nome degli studenti che hanno concluso gli studi e lasceranno
la scuola per andare nel mondo. Noi siamo giovani e abbiamo tutta
la vita davanti a noi, ma abbiamo anche molti dubbi e timori e vorremmo
delle rassicurazioni. Per anni abbiamo studiato in questo collegio
e conosciamo la Bibbia, sappiamo che Gesù Cristo operava miracoli
perché le persone credessero in lui. Ma noi non abbiamo mai
assistito ad alcun miracolo e ci chiediamo che cosa significa credere
in Dio. In tutti questi anni, Dottor Usui, Lei è stato il nostro
insegnante e la nostra guida, conosciamo la Sua fede profonda nelle
Sacre Scritture, ma noi non abbiamo la Sua fede. Per favore, la preghiamo
di darci una dimostrazione che ciò che è scritto corrisponde
a verità."
Usui disse che effettivamente era un buon Cristiano e che aveva una
assoluta fiducia che ciò che si diceva del Cristo fosse pura
verità e che esistevano testimonianze storiche e opere teologiche
che dimostravano le capacità taumaturgiche del Cristo e l'esistenza
dei miracoli.
Ma lo studente continuò: "Noi la onoriamo e la rispettiamo
come nostro Maestro, ma tra poco noi saremo fuori di qui e ce la dovremo
cavare da soli. Noi le chiediamo di farci vedere come si fa a restituire
la vista a un cieco o a guarire un lebbroso o a resuscitare un morto."
Usui rispose che questo non poteva farlo, perché nessuno glielo
aveva insegnato.
E lo studente riprese a parlare, questa volta con un velo di amarezza
nella voce: "Noi la ringraziamo per tutto quello che ci ha insegnato,
ma ora sappiamo che la Sua fede è una fede cieca e noi non
vogliamo credere ciecamente a qualcosa, vogliamo fatti e dimostrazioni
tangibili, vogliamo essere certi che quello che facciamo o diciamo
esiste davvero. Lei ha ricevuto in dono questa fede assoluta e ha
vissuto a lungo per rafforzarla, ma questo riguarda la Sua vita. Noi
stiamo iniziando la nostra e abbiamo bisogno di una dimostrazione
per continuare a credere in Lei e nei Suoi insegnamenti e avere un
giorno la Sua stessa fede."
Usui disse che non poteva mostrare alcuna guarigione in quel momento,
e non volle proseguire oltre quella discussione. Ma le parole dello
studente lo avevano profondamente colpito e dopo un lungo silenzio
aggiunse:
"Bene, dunque. Io non posso dimostrarvi
nulla, in questo momento, ma un giorno ve lo proverò. E per
fare questo fin da ora rassegno le mie dimissioni da ogni incarico
e parto alla ricerca del segreto della guarigione. E quando lo troverò,
ritornerò e ve ne darò una dimostrazione."
E così Mikao Usui, non più giovanissimo, partì
alla ricerca di come poter guarire gli ammalati e ridare la vista
ai ciechi. Per sette anni approfondì i suoi studi sul Cristianesimo
e sulla Bibbia ma non trovò alcuna spiegazione né alcuna
formula sulla guarigione. Studiò altre Religioni e Filosofie
e quando giunse al Buddismo scoprì che anche il Buddha conosceva
l'arte di guarire i ciechi e i lebbrosi. Si recò dunque nei
monasteri chiedendo ai monaci se fosse vero che nei Sutra si parlava
del potere di guarire le malattie, ma la risposta era quasi sempre
la stessa: "Si, certo, è scritto che il Buddha guariva
i lebbrosi appoggiando le mani sul loro corpo, ma noi monaci buddisti
riteniamo che tutto dipende dalla mente e non possiamo dedicare molto
tempo al corpo. Certo è importante mangiare e bere moderatamente
e occuparsi di essere in salute e rispettosi della vita, ma quello
che ci preme innanzi tutto è la salute dello Spirito. Per questo
noi trascorriamo lunghe ore immobili nella meditazione o recitando
preghiere, per trascendere il corpo e sviluppare le facoltà
della mente."
E ogni volta Usui faceva un inchino, ringraziava e andava nel monastero
successivo. Trascorsero mesi e mesi di infruttuose ricerche, tutti
sembravano troppo occupati con la mente per interessarsi del corpo,
e Usui era molto depresso. Ma non mollava e ogni volta diceva a se
stesso che evidentemente doveva esserci un altro posto in cui cercare.
E finalmente incontrò un Tempio Zen, fu accolto con benevolenza,
gli fu accordato il permesso di leggere i Sutra e di partecipare alle
sedute di meditazione con i monaci. Passarono altri tre anni ed era
sempre più chiaro per Usui che le ricerche sarebbero durate
ancora molto tempo. Egli comprese che molte trascrizioni erano originariamente
scritte in cinese e per leggerle imparò il cinese, poi pensò
che Buddha era nato in India e che sicuramente molte delle scritture
non erano state ancora tradotte.
E fu proprio in quei Sutra scritti nell'antica lingua sanscrita che
Usui alla fine trovò la formula. Niente di complicato, semplice
e chiara come due più due fa quattro e tre più tre fa
sei. Ma la formula era stata scritta 2.500 anni prima. Doveva essere
interpretata correttamente. Avrebbe funzionato o lo avrebbe ucciso?
Usui parlò con il monaco che dirigeva il monastero Zen: "Andrò
sul monte Koriyama e mi sottoporrò alla prova per 21 giorni.
Digiunerò e mediterò. Arrivato a questo punto non posso
tirarmi indietro. Se il ventiduesimo giorno non sarò ritornato,
mandate a cercare il mio corpo perché vorrà dire che
sono morto." E partì.
Scelse un luogo vicino a un corso d'acqua, si sedette sotto un grande
cedro e iniziò la meditazione. Collocò davanti a sé
ventun sassolini, e ogni giorno che passava ne toglieva uno. Egli
sapeva che doveva aspettare che accadesse qualcosa, ma non sapeva
cosa. E nel frattempo leggeva le scritture, recitava i Sutra, meditava
e beveva solo acqua. Stava per sopraggiungere l'alba del ventunesimo
giorno, la notte era ancora scura, senza luna, senza stelle. Quella
era l'ultima meditazione. Quando aprì gli occhi vide in lontananza
una piccola luce tremolante, come la fiamma di una candela. La luce
si avvicinava verso di lui, puntando diritta alla fronte. Ne ebbe
paura, pensò che era ancora in tempo per evitarla o per chiudere
gli occhi, ma sapeva che quella era la prova che stava aspettando
e rimase a fissarla. In un attimo la luce lo colpì in mezzo
alla fronte e l'impatto fu così forte che Usui cadde all'indietro.
Quando cominciò a guardarsi intorno, ancora stordito dal colpo,
vide milioni e milioni di sfere di luce agitarsi, muoversi, danzare
davanti a lui. Avevano tutti i colori dell'arcobaleno, tutti e sette.
Una grande luce apparve davanti a lui e come su uno schermo egli vide
passare in lettere dorate ciò che aveva appreso quando leggeva
il testo sanscrito. Le parole pulsavano davanti ai suoi occhi come
dicendo: "Ricordati, Ricordati. E' Così. Ricordati".
E Usui non sentiva più dolore, né paura, né fame
ne stanchezza e sentì che aveva ricevuto una benedizione, quel
giorno. "Ora posso aprire gli occhi e gettare l'ultimo sasso"
disse. Si alzò e riprendendo il cammino di ritorno si accorse
che le sue gambe erano forti e i piedi stabili, come se avesse pranzato.
"Questo è il primo miracolo!" pensò, "Mi
sento sazio e riposato".
Scendendo dalla montagna, inciampò in una roccia e si ferì
un dito del piede, l'unghia era staccata, la ferita sanguinava e doleva
molto. Istintivamente afferrò il dito con la mano e poco dopo
sentì un profondo calore che entrava nella ferita. Il dolore
scomparve e il sangue cessò di uscire. "Questo è
il secondo miracolo", pensò. E continuò il cammino.
Dopo un po' incontrò una locanda e si fermò per riposare
e per mangiare qualcosa. La figlia del padrone aveva un terribile
mal di denti e da settimane piangeva dal dolore. Usui mise le mani
sulle sue guance e in breve il male svanì. La ragazza incredula
e felice saltava qua e là ringraziando e dicendo a tutta la
famiglia che quello non era un monaco normale, ma che aveva qualcosa
di magico nelle sue mani. Il padrone della locanda per sdebitarsi
offrì una abbondante colazione al suo inatteso ospite, non
nascondendo il timore che dopo tanti giorni di digiuno potesse arrecargli
danno.
Dopo essersi saziato Usui pensò che erano accaduti altri due
miracoli: la ragazza non aveva più il mal di denti e lui non
aveva fatto indigestione! Verso sera fu di ritorno al monastero e
come prima cosa voleva vedere il monaco per raccontargli ogni cosa,
ma il monaco soffriva di artrite ed era in preda ad un violento attacco
di mal di schiena. Usui andò a trovarlo nella sua piccola stanza
e mentre raccontava teneva appoggiate le sue mani sulla schiena del
povero malato. E disse del digiuno, della lunga attesa, della luce
e di come era andata la giornata. Terminato il racconto Usui fece
per congedarsi, ma il monaco dopo un attimo di stupore disse: "Il
dolore non c'è più, potrò dormire finalmente!
Mi sento meravigliosamente e pieno di energia! Così è
questo che tu chiami ReiKi! Domani parleremo ancora".
E così decisero che il modo migliore per usare il segreto della
guarigione era portarlo dove più ce ne era bisogno, ovvero
nei sobborghi di Kyoto, nel quartiere dei mendicanti. E infatti Usui
vi si stabilì per diversi anni, perfezionando la tecnica della
guarigione: scoprì che i giovani guarivano più in fretta,
bastavano pochi giorni di trattamento, mentre i più vecchi
necessitavano di settimane, a volte mesi di applicazioni di Reiki.
Egli lavorava instancabilmente e poco a poco tutti o quasi avevano
potuto guarire le loro malattie, recarsi in città, trovare
un lavoro e diventare cittadini rispettabili. Ma un brutto giorno,
mentre Usui girava per il sobborgo per vedere quanto lavoro restava
ancora da fare, incontrò una faccia conosciuta, e poi un'altra
e un'altra ancora.
Le persone che aveva curato e che avevano cambiato vita stavano ritornando
indietro, volevano fare di nuovo i mendicanti. Usui ebbe un violento
accesso di collera, vide il lavoro di anni vanificarsi in un attimo
e gridava queste parole: "Cosa ho fatto? Cosa ho fatto? Io non
ho salvato una sola anima! Dunque avevano ragione che la mente è
più importante del corpo. Ho dunque fallito, completamente
fallito? Se avessi pensato prima di tutto a guarire il loro spirito
e poi il corpo forse non sarebbe andata così". Ed era
davvero deluso e amareggiato e se la prendeva con se stesso.
E quando chiese ai mendicanti perché fossero tornati uno rispose:
"Chiedere l'elemosina è un mestiere molto più facile
di tutti quelli che ho trovato là fuori. E' più facile
trovare qualcosa da mangiare e un posto dove dormire che lavorare
tutto il giorno. Fare il mendicante è un buon lavoro, mi riempio
la pancia e non devo stressarmi più di tanto."
Le ultime parole di Usui furono: "Ingrati, siete avidi e ingrati,
volete tutto per voi e non siete disposti a dare nulla in cambio:
ecco perché siete di nuovo in mezzo al fango. I mendicanti
restano mendicanti, siete solo capaci di chiedere, ma non conoscete
gratitudine né generosità. Basta ReiKi, basta mendicanti!"
Ma gli anni di lavoro nel quartiere non erano stati vani: ora egli
sapeva che non bastava guarire il corpo, ma occorreva anche insegnare
agli uomini a essere grati per la vita, a essere onesti e generosi,
a ringraziare Dio per i doni di ogni giorno.
E così nacquero i Princìpi di Reiki:
Solamente per oggi, non arrabbiarti.
Solamente per oggi, non preoccuparti.
Terremo conto di tutte le benedizioni e onoreremo i nostri genitori,
i nostri insegnanti e i nostri vicini.
Onoreremo il cibo, non lo sprecheremo, perché anche il cibo
è un dono di Dio.
Vivremo onestamente, ci guadagneremo da vivere in modo dignitoso
e infine saremo pieni di amore e di compassione verso tutto ciò
che ha vita.
Usui trascorse il resto della sua vita viaggiando a piedi per tutto
il Giappone. Egli andava nei mercati affollati di gente e vagava su
e giù con una lampada accesa in mano in pieno giorno. E quando
qualcuno gli faceva notare, rispettosamente, poiché era un
monaco conosciuto e stimato, che se cercava qualcosa non c'era bisogno
di quella luce, perché era giorno e si vedeva benissimo, egli
rispondeva: "Quello che sto cercando io non si vede alla luce
del sole. Il mondo è pieno di gente triste, chiusa e arrabbiata.
Io cerco qualcuno che abbia voglia di far luce nel suo cuore e guarire
da ogni sofferenza, e rendere puri e forti la mente, il carattere
e il corpo. Se vuoi ascoltare questa lezione, seguimi".
In
memoria di Usui Sensei
Nel Tempio Saihoji che si trova nel Distretto Suginami di Tokyo esiste
un monumento commemorativo di Usui Sensei, costituito da un monolito
di due metri per quattro e collocato vicino alla tomba contenente
le ceneri di Usui, della moglie e del figlio. Contiene iscrizioni
firmate dal Signor Ushida che parlano della vita di Usui e di come
i principi di Reiki provengano dagli scritti dell'Imperatore Meiji.
Il memoriale fu costruito pochi mesi dopo la morte di Usui e mantenuto
fino ad oggi dalla Usui Shiki Reiki Ryoho Giapponese. Ne riportiamo
linizio:
"Colui
che si dedica con impegno nello studio e nella meditazione e lavora
instancabilmente per migliorare il corpo e la mente allo scopo di
diventare una persona migliore è chiamato "un uomo dalla
grande anima". Coloro che utilizzano questo dono per scopi sociali,
ovvero indicare la retta via a molte persone e operare il bene comune,
sono chiamati "maestri". Usui era uno di questi maestri.
Egli insegnò il ReiKi Universale. Innumerevoli persone andarono
da lui e gli chiesero di insegnarli la grande via di ReiKi e di guarirle."